Monthly Model

Mother Mary è la Monthly Model di Club & Kitan Club di Novembre (*). Di lei però scriveremo ancora molto e pubblicheremo tante fotografie perché ha partecipato e parteciperà ai set de I Bizarri Anni '50 sia come alter-ego della bellissima moglie di John Willie, Holly Anna Faram, sia come modella per il leather bondage, tra catene, pelle e cuoio.
Delle signore non si dice mai l'età ma una cosa di Mother Mary è assolutamente certa: avrà sedici anni fino al suo sessantesimo compleanno. Una persona assolutamente splendida, a suo agio sui set fetish e bondage, è stata anche una compagna di viaggio nella creazione delle scene: impagabile e impareggiabile ha impegnato il suo fisico fino a limiti che poche persone possono sperare di raggiungere, tenendo pose complicate e scomode fino al dolore con il sorriso sulle labbra o con quella deliziosa smorfietta di sofferenza e sfida (chi sa quanto finta e quanto vera) che potrebbe fare impazzire di piacere un sadico. Mary è molto più di una semplice "modella fetish", è una persona garbata e distinta, una vera Dama tatuata, appassionata di corde e di bondage, di vestitini vintage (che indossa con disinvolta e scanzonata aria da pin up anni 40-50) perfettamente a suo agio sia su tacchi vertiginosi di stivaletti impossibili (che sa indossare con grazia anche quando è legata)  sia a piedi nudi sul freddo parquet dello studio fotografico. Unico "difetto" di Mother Mary (ma questo è un nostro problema, non suo) è la sua residenza un po' fuori dalla portata delle nostre macchine fotografiche e, quindi, la necessità di programmare con ampio anticipo la sua partecipazione ai nostri set. Ma, vi assicuro, dato il risultato dei primi tre shooting non ci lasceremo scappare l'occasione di coinvolgerla tante più volte possibile per vostra (e soprattutto) nostra felicità. La sua pagina IG è: https://www.instagram.com/mother_mary91_/
(*)Ropes: Mauro Lacqua

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Mother Mary
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From the Editor's Dungeon

Festa della Liberazione

2019 11 editorialeNon è nostra intenzione banalizzare o accostare un anniversario così importante come la Festa della Liberazione dal nazifascismo alle nostre piccole perversioni quotidiane. Teniamo in mente solo, come segnalibro di secondaria importanza, che dal 25 Aprile è nata poi la Costituzione e da quella i vari e importanti diritti che sembrano (sembrano) ad oggi acquisiti. Tra questi anche il diritto ad esprimere liberamente (ove questo non cozza con i diritti altrui) la propria sessualità, il proprio orientamento sessuale e, per diretta connessione, il proprio orientamento di genere.

È solo un caso se oggi, dopo mesi e mesi di lockdown, torno a scrivere qui; è un caso che sia il 25 Aprile ed è un caso che oggi sia l'ultimo giorno di "zona arancione" per molte regioni. Solo casi ma sono contento che queste coincidenze si siano tutte affastellate qui e ora. Se fossi scaramantico potrei dire che "porta bene". Ma non lo sono quindi dico, più pragmaticamente, meglio così. Meglio così perchè oggi variamo una serie di nuovi post e speriamo che da oggi ci sia sempre più materiale da farvi leggere, guardare e gustare.

Top News

ULM 24/10/2022

Julienne, una magica creatura

Un racconto postumo di Re Franco

Non chiederti come sono fatte le cose che vuoi conoscere senza prima esserti chiesto come devi essere fatto tu per poterle davvero conoscere.

Anni fa a Parigi, durante un ricevimento a casa di un mio caro amico, mi fu presentata da una ragazza davvero splendida: alta, snella, capelli neri cortissimi, magnetici occhi verdi, lineamenti del viso perfetti, collo da cigno decorato da un filo di perle. Un semplice tubino nero metteva in risalto dei glutei e delle gambe da mozzare il fiato. Il suo nome era Julienne.

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Donne, Feste & Sadomaso

femm 01La pigrizia nello scrivere (o forse la stanchezza per aver scritto troppo nella mia vita) mi viene improvvisamente rotta da questioni di donne.
E le donne. Le donne e le feste SM. Come, perchè, percome, dunque.
In sottofondo, ma molto in sottofondo, la cultura femminista. Ahh quante parole, tutte belle. Quale uomo non sa dire e scrivere parole che dimostrano la sua moderna e illuminata apertura.
Altro è però rapportarsi nei fatti e non in dotte disquisizioni con quella fragilità figlia di una lunga storia.

Non l'ho mai consentita di esprimersi questa fragilità alle ragazze appena diciottenni o a quelle quarantenni che da sole o con un compagno di facciata, hanno suonato alla porta dell'ULTIMO LUNEDI.
Ho visto mani tremare, ho visto voglia di fuggire prima ancora di avvicinarsi al banco della reception.
Ho visto la paura figlia di questa fragilità.

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Scrittori a tutto spanking
Nell’articolo precedente ho promesso di parlare di questa letteratura raffinata d’oltralpe così ricca di significati per il nascente SM. Sì, ma le promesse – ce lo insegnano i nostri uomini politici – sono fatte solo per essere disattese. Parlerò dunque d’altro perché mi pare più importante restare a casa nostra. Ho citato l’altra volta Livio, primo in assoluto a parlare di sculacciate in Italia. Pur restando vicinissimo alla rivista Club, i suoi importanti impegni di lavoro l’hanno portato a passare il testimone a Vittorio e dopo poco questi a Paul Stoves.

 

Paul Stoves è nome molto noto tra gli appassionati di sculacciata, non solo in Italia ma, soprattutto, Inghilterra e Francia. Paesi dove egli, tramite suoi amici, ha reperito vere ”chicche” (e … costosissime) della letteratura erotica internazionale del primo ‘900.

Una persona è leader se ha attorno a sé allievi, collaboratori; Paul Stoves ne ha avuti sempre. Da rammentare Lyz, Monella, Veronica, Delia tra le tante di sesso femminile. Keit Donato, Murlo,Vinicio, Salvatore Napoli tra i tanti uomini. Persone che hanno scritto travasando su carta emozioni, esperienze e stati d’animo vissuti in diretta. Non dunque semplici fantasie.

Di Delia, intensa ragazza che da un giorno all’altro, senza apparente motivo, ha troncato con il gioco SM, riporto qui un racconto e vi saluto con un appuntamento al prossimo articolo.

 

UN ALLIEVO SULLE GINOCCHIA
Delia Key

Non capita tutti i giorni di trovare persone abbastanza eleganti e sensibili da trasmettere alle proprie mani il desiderio sottile di farglielo tutto rosso, per puro gusto intrinseco.

Mi è successo, per mia fortuna, con un particolare allievo dell’Accademia con cui ho parlato in sede ascoltandolo con piacere prima di punirlo come meritava.

Aveva un nome particolare, Bartolomeo. Un po’ all’antica, direte, come “all’antica” erano le sue esigenze e la sua mente di monello.

Bartolomeo ha una cinquantina d’anni circa e dei bei capelli brizzolati come la barba che contornano un viso pulito, dai lineamenti regolari con due occhi azzurro chiaro. Mi spiegava, con voce cortese, come appena maggiorenne abbia avuto l’occasione di finire i suoi studi sotto la giurisdizione di una severa signora la quale, con veemenza ed impegno, si dedicava alla sua educazione di scolaretto modello.

“Tutto andava fatto bene e se così non era, avevo sbagliato. I miei sbagli andavano sottolineati e castigati con punizioni che il più delle volte erano corporali, ma vi si accompagnavano anche svariate umiliazioni come, per esempio, dover indossare vestiti da ragazza mentre lei teneva le sue lezioni per me, a casa sua, e mi ripeteva ciò che io avevo negligentemente trascurato nel mio studio.”

Io ascoltavo, molto attentamente, ciò che mi veniva detto con tanto patos e partecipazione mentre Paul ci lasciava da soli essendosi messo in disparte per occuparsi di altri lavori.

“Da allora sento la mancanza di una guida che mi porti sulla giusta strada ogni volta che sbaglio e che punisca inflessibilmente e senza spazio a ripensamenti le mie mancanze.”

Gli feci qualche domanda per capire meglio cosa pensasse e cosa cercasse davvero, in quanto era esattamente questo il mio compito in quel momento.

“Delle poche esperienze con donne dominanti che ho avuto in seguito ricordo ogni particolare ovviamente, ma mi hanno sempre lasciato una profonda frustrazione perché si fermavano senza motivo: avevano paura di farmi troppo male o che qualcuno le giudicasse negativamente.”

La sua genuinità e schiettezza mi piacque molto e, sinceramente, la cosa che mi intriga molto in questi casi è il parossismo apparente fra la mia freschezza dei 22 anni, la mia dolcezza di approccio e la decisione con cui sculaccio un uomo adulto di un’età considerevole. È facile mettere sulle ginocchia un ragazzino appena diciottenne ma trovo davvero stimolante “trattare” uno stimato professionista adulto da monello quale si sente; tirare fuori quell’anima rimasta infantile e soddisfare le sue aspettative prendendomi cura di lui con fermezza e severità.

Io gli spiegai il mio punto di vista, ovvero che se aveva mancato di obbedienza e rispetto a Paul Stoves che era il direttore di questa Accademia di cui faccio parte, per la mia mentalità era come se il torto venisse fatto anche a me e che quindi sarebbe stato punito duramente dalle mie mani.
Era proprio questo ciò di cui aveva bisogno. Io lo leggevo nei suoi occhi e lui non osava negarlo.

“Gli articoli che hai promesso al Signor Stoves, dove sono andati a finire? Nel dimenticatoio?”

Passeggiavo nervosamente di fronte a lui, che se ne stava seduto nell’angolo.

Contrito e gentile mi rispose apertamente: “Non ho avuto tempo… ma forse non ho voluto trovarlo…”

“Hai un lavoro che ti impegna 24 ore su 24?”

“No, Signorina Delia.”

“Qualche motivo particolare per cui improvvisamente non hai più avuto un solo istante durante tutte queste giornate?”

“No, Signorina Delia.”

“E allora perché hai detto a Paul che avresti scritto delle cose per la rivista per poi non far avere più nulla di tutto quello che hai promesso?”

“Mi dispiace… Non dovevo…”

“Certo che no: se non intendi farli non dare la tua parola per mancare così verso qualcuno che contava sul tuo contributo e che, fra le altre cose, è degno del massimo rispetto come tutti.”

“Si, Signorina Delia.”

Lascio passare qualche secondo, lo fisso e lui mi guarda spaurito. Lo trovo adorabile nel suo fremere e così tardo un po’ ma alla fine gli ordino con viso severo:

“Andiamo nell’Accademia, avanti.”

Presi il frustino che avevo portato da casa togliendo il maglione nero con cui l’avevo avvolto per camuffare un minimo la sua appariscenza ed esortai con esso Bartolomeo a scendere le scalette, accendo le luci seguendolo a mia volta e pregustando già le mie mani su quel discolo così interessante e voglioso di sottostare alla mia disciplina.

In realtà io ero la sua sorpresa. Lui, in mancanza di una Miss come aveva desiderato, si era affidato alle cure del Preside Paul Stoves, certo che avrebbe avuto il meglio, ma il mio amico avendo un cuore buono e proteso a realizzare nel possibile il desiderio principale di ognuno dei soci amici dell’Accademia, aveva investito me del ruolo di educatrice. Cosa in cui credevo, avendo parlato con entrambi, per cui accettai con entusiasmo dopo aver visto gli occhi di Bartolomeo che, all’inaspettata vista di una donna, si erano illuminati e riempiti di un tenero stupore. Fino al momento di varcare la soglia dell’Accademia, quel pomeriggio, era all’oscuro della mia presenza in città.

Lui, una volta al piano di sotto, si era messo diligentemente in piedi, composto, ad attendere che io preparassi gli strumenti per il suo castigo e che mi ambientassi valutando la giusta luce nella stanza. Lo redarguii ancora velocemente con le braccia incrociate, davanti a lui che cominciava già a dire che non avrebbe più fatto una cosa simile, che gli dispiaceva molto ed io, per tutta risposta, gli assicurai che dopo aver passato una buona mezz’ora sulle mie ginocchia ci avrebbe pensato molto bene prima di rifare una cosa del genere.

Mi sedetti sul divano di pelle nera, perfettamente in tono col mio abbigliamento: gonna nera con spacco laterale abbastanza profondo e camicetta nera con calze sempre dello stesso colore, velate e sottili che fasciavano il piede protetto da una scarpa col tacco discretamente alto.

Gli dissi di venire vicino.

Gli tolsi la cintura dei pantaloni e gli ordinai di abbassarsi da solo il resto lasciando però al loro posto gli slip scuri che vennero subito scoperti, prontamente. Me lo misi sulle ginocchia e presi un po’ confidenza con la consistenza di quel culo ben fatto e maschile che mi si offriva. Devo ammettere che non ho resistito a prolungare la sua attesa, con mio godimento mentale, osservavo la gamba del monello tremare sempre più visibilmente ed i suoi gemiti d’ansia crescere e carezzare la mia anima di Miss. Alla fine ero impaziente quanto lui di fargli assaggiare il bruciore che la mia mano giovane e femminile sa donare: cominciai dunque a sculacciarlo, con decisione ma non troppo duramente.

“La prego… La prego…”

Recitava qualcosa fra una supplica e l’altra che, francamente, mi era del tutto incomprensibile così mi fermai e gli chiesi:

“Cosa hai da lamentarsi tanto se non ho neppure cominciato?”

“La prego non sia troppo severa con me… è da tanto tempo che non vengo sculacciato…”

“Male! Vedi, a maggior ragione devo essere dura con te per il tuo bene: se qualcuno ti avesse punito in questo tempo non avresti combinato questo pasticcio. E noi non vogliamo che succeda di nuovo, vero?”

“No… No Signora, non lo farò più”

“Puoi scommetterci – presi ad accarezzargli la testa ed intrecciare le mie dita coi suoi capelli – perché quando avrò finito con te ti brucerà tanto che non potrai più sederti per giorni, monello.”

Cominciò a gemere e protestare mentre io ricominciavo a scaldargli per bene quel culetto ancora virtualmente protetto dal sottile tessuto degli slip e disteso sulle mie ginocchia a prendere cocenti e sonore sculacciate.

“Sssht, sei stato disubbidiente ed adesso ti prenderai la tua punizione… fino in fondo.”

Scostai le mutande prendendole per gli elastici laterali e notai che la sua carne bianca era discretamente arrossata. Un buon inizio insomma.

Feci calare ad ogni modo quell’ultimo velo e, alternando sculacciate con carezze morbide ed il passaggio delle mie unghie sulla pelle sensibile, parlavo con una calma decisa e severa al piccolo “allievo” affidatomi da Paul, come piccoli diventano tutti una volta sulle mie ginocchia coi pantaloni abbassati ed il sedere in fiamme.

“Non ti vergogni a stare qui col culetto punito per essere stato ancora una volta indisciplinato? Ma quando imparerai ad essere ubbidiente? Mh?”

Usavo un gergo studiato appositamente per accentuare il suo senso di imabarazzo.

“Lo so, Signora, la prego, non lo farò più…”

“Me lo dimostrerai. Adesso alzati. E va nell’angolo, da bravo. In castigo.”

Bartolomeo eseguì, non senza pena visibile, avvolto nella vergogna che la situazione creava in lui e mise in mostra le sue natiche brucianti e rosse al mio sguardo compiaciuto.

Lo trovai un bel sedere maschile, adatto per un lungo corner – time.

Lo accarezzai intimandogli di mettere le mani sulla testa e lui lo fece immediatamente.

Io passeggiavo, facendo rumore coi tacchi, col chiaro intendo di innervosirlo ancora di più e fargli pesare la mia presenza ed il mio sguardo indagatore dietro di lui. Presi il paddle di cuoio nero a forma di cuore o di due natiche sedute, dipende dai punti di vista, e lo sculacciai con quello, in piedi, orinandogli di non muoversi altrimenti sarebbe stato peggio per lui.

I suoi sospiri e gridolini soffocati mi invogliavano a continuare ma mi fermai un attimo per passare il dito su un segno più evidente degli altri e valutare in che misura era il caso di procedere.

Dopo poco notai che il colore rubicondo di quel sedere era soggetto ad una repentina decolorazione per cui mi tranquillizzai del tutto e procedendo con estenuante oculatezza lo punii per ben due ore e mezza.

Usai il righello, il famoso righello in legno dell’Accademia che lui stesso firmò al termine di tutto in quanto “sculacciato” ed un martinet molto particolare, leggero, ma efficace se dato nei punti più sensibili ed ovviamente il mio amato frustino. Questo ultimo andò ad arrossare anche il palmo della sua mano che continuava imperterrita a tentare di coprire il sedere nonostante io lo avessi proibito ed avessi sgridato duramente Bartolomeo più volte.

Lo feci stare in castigo nell’angolo con le mani sulla testa alternando a più riprese con lo stare sulle mie ginocchia un’altra volta per assaggiare il paddle di legno e la mia spazzola pesante sempre in legno e in setole pungenti dal verso opposto. La usai da ambo le parti.

Alla fine il povero Bartolomeo gemeva e supplicava, baciava teneramente la mia mano e mi ripeteva quanto io fossi stupenda e quanto ne avesse avuto bisogno di una meritata sculacciata così intensa.

“Com’è la mia mano, Bartolomeo…”

“Dolce, Signorina Delia, dolcissima e morbida quando mi accarezza.”

Assestai su quel sedere alcune delle mie più cocenti sculacciate e ripetei la domanda:

“Com’è la mia mano, allora…”

“Severa Signora” rispose con voce rotta.

“Sono questi i due aspetti che troverai sempre, Bartolomeo. La dolcezza e la severità nella stessa mano, nella stessa persona, negli stessi occhi che ti guardano e ti controllano. Era di questo che avevi bisogno, vero?”

“Si Signorina Delia… si… Da troppo tempo ormai.”

Lo feci alzare e lo misi in posizione per una buona sessione di cane che comprese quello leggero, quello medio e quello di rigore in rattan: sei colpi ognuno che sarebbero raddoppiati se la sua mano si fosse ostinata a disubbidirmi ed andare indietro per interferire con la punizione che gli stavo amministrando. Anche perché non amo procurare dolore che non sia rigorosamente controllato ed il cane di rattan su un dito non è una cosa di cui si possono manovrare i risvolti a perfezione. Paul venne giù chiamandomi, osservò il mio operato e serio disse:

“Bene, bene, vedo che qui le cose stanno cominciando a funzionare.”

“Devono funzionare, anche perché se tutti fanno come lui dove vanno a finire le pubblicazioni…”

“Ecco, infatti. Quindi continui pure, prego”

Bartolomeo cominciò a lagnarsi ed a supplicare di non punirlo più perché aveva capito, non si sarebbe più comportato così.

“Lo spero” sottolineò Paul salendo nuovamente le scale

Io gli dissi di fare silenzio e, piuttosto, di contare se non voleva che si ricominciasse ogni volta tutto daccapo.

Alla fine, Bartolomeo ebbe il permesso di accarezzarsi dietro se lo avesse voluto e massaggiarsi un po’, cosa che fece subito prima di rivestirsi.

Prima di andare mi ringraziò baciando la mia mano ancora calda e mi abbracciò. Io lo strinsi forte, gli dissi di fare il bravo, lui sussurrò un sì e lo sentii contento nel profondo, come speravo che uscisse da quella stanza.

Io e lui sappiamo di cosa stiamo parlando, spero che abbia quindi modo di leggere questo articolo e che la nascosta consapevolezza di essere pubblicato qui, messo a nudo nella parte più delicata di sé stesso essendo tuttavia protetto nello stesso momento, rinnovi nella sua mente la sensazione di quei momenti in cui è stato sculacciato, rimproverato e curato con attenzione.

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