bondingMistress May ha un account su Twitter ma non accetta clienti. Sotto il post, unico, del trailer della serie (22/04/2019) ci sono una ventina di commenti, per lo più di prodomme statunitensi le quali protestano per varie ragioni e che, protestando, si fanno un pochino di pubblicità-progresso. Altro non c'è, per fortuna! Bonding è una serie di Netflix (7 episodi di 15 minuti ciascuno) che non mi sarebbe neanche passata per lo schermo se non avesse suscitato perfino l'interesse di "Rolling Stone", la rivistona che oltre ad occuparsi di musica ha la pretesa di pubblicare anche articoli di lifestyle e mainstream.

La quale rivistona il 5 maggio (data memorabile per ben altra lirica) del 2019, a soli undici giorni dall'uscita della serie, pubblica un articolone (sic!) dal titolo 'Le dominatrici si sono incazzate per la serie Bonding di Netflix' al quale non segue, ahimé, un "ecchissenefrega" e chiuso lì ma una dotta dissertazione con palesi errori di traduzione e dotte citazioni di sex worker(s) con sottotitolo "Lo show che racconta le avventure di una sex worker di New York è un'orgia di inesattezze, secondo chi questo lavoro lo fa sul serio". Che il prodomming sia un "lavoro" e si possa farlo "sul serio" è opinione di Rolling Stone, non mia, sia chiaro!

E via a parlare di moquette non igieniche nelle "prigioni" (pessima traduzione di dungeon la cui corretta traduzione è "segrete"), di mancanza di negoziazione tra clienti e protagonisti e quindi con difetto di consenso, di una visione fallata del mondo delle sex worker specializzate in dominazione a pagamento, del personaggio di Tiff (Mistress May) che avrebbe subito violenze da piccola e quindi sarebbe una dom per traumi secondo stereotipi, etc, etc.

Insomma, non Rolling Stone ma le prodomme stroncano la serie come imprecisa, dannosa per le sex worker(s) e tale da disegnare un'immagine distorta del mondo BDSM, Rolling Stone semplicemente dà voce alla giusta indignazione delle prodomme e, secondo un politically correct che vuole tutti quelli che fanno cose alternative come categorie protette, in qualche modo si fa cassa di risonanza  dell'indiganzione di una specie in via d'estinzione. Ovviamente senza nulla conoscere del mondo BDSM e senza aggiungere nessun controcanto, nessuna propria considerazione.

Quanto basta ed avanza per incuriosire anche un pigro congentito come il sottoscritto e spingerlo a guardare, per due volte, la famigerata e terribile serie. Il problema sostanziale è che il sottoscritto, al contrario di Rolling Stone, non è politically correct e non è vincolato dalla mission di dare voce a tutti i cahiers de doléances di tutte le lavoratrici marginali ed evasori fiscali totali dell'Universo.

Il più grave difetto di Bonding è, invece, quello di presentare esattamente la maggior parte del mondo prodomme del XXI secolo e se gli autori di Rolling Stone, prima di scrivere a vanvera citando prodomme d'oltre Oceano si fossero presi la briga di leggere qualche inserzione sui siti specializzati si sarebbero resi conto che, al paragone, Mistress May è un cammeo di correttezza e sensibilità, che Netflix ha sì distorto un poco la realtà ma nello sforzo, immane, di migliorarla.

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Mistress May non si presenta come "donna violentata" o traumatizzata ma come "donna che ha avuto frequentazioni maschili sbagliate", aggiungendo poi che questa è la vita o che capita a tutte o qualcosa del genere. La negoziazione del consenso si ferma ad una safeword (e già siamo bel oltre quello che molte prodomme fanno nella realtà) e non può essere diversamente perché il cliente paga per le pratiche che a lui piacciono e non certo viceversa; il consenso è materia etico-giuridica molto complessa ma a me nessun ferramenta ha chiesto il consenso durante l'acquisto di un martello: sarebbe per lo meno buffo se alla mia richiesta "vorrei un martello da falegname" il ferramenta mi chiedesse "sei consapevole dei rischi che corri? Davvero vuoi acconsentire a portarti a casa uno strumento che potrebbe colpirti il pollice in modo tale da farti, perfino, saltare un'unghia?"

Irrealistico come è irrealistico il putiferio d'indignazione su una serie che ha come centro di gravità NON l'attività di Mistress May ma la visione stranita e ingenua del suo ex fidanzato, gay e innamorato, del suo spasimante che alla fine si fa legare (in un'aula di università) e commenta che, così insalamato, ha potuto dimenticarsi delle sue ansie da performance, del mondo al di fuori del BDSM che quando viene a contatto di questa realtà in modo corretto, leggendo la persona prima del personaggio alza la mano per farsi legare, come succede nell'aula universitaria verso la fine della serie, ultimo episodio.

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images 3Quello che ci racconta Bonding è un mondo attuale, realistico anche se non reale, dove (alla maniera americana) alla fine prevalgono i buoni sentimenti. Se critica può essere fatta a questa serie leggera e gradevole è proprio quella di "normalizzare" allo standard statunitense una realtà generalmente meno rosea, almeno in Italia o nella provincia americana stessa. New York è la "Grande Mela" dove la gente va a vedere i film di Woody Allen mentre ad Huston difficilmente proietterebbero qualcosa di più impegnato di Rambo: quello che a New York può essere normalizzato e metabolizzato non può esserlo, non così facilmente, a Seattle, contea di King, o a Fossano, provincia di Cuneo.

Alla fine della prima serie Tiff (MIstress May) non rinuncia platealmente al suo introito da prodomme e il suo amico e coprotagonista non rinuncia al suo 50% in impresa, per fortuna. Buoni sentimenti sì ma non esageriamo nel normalizzare. E' questo che di Bonding mi è piaciuto di più. Al contrario del pippone psicosociale di Secretary e del melenso, insulso e non credibile "Cinquanta sfumature di qualche colore a scelta" non si compiace dei suoi protagonisti ma li dota di una loro individualità e poi li fa agire in relazione a questa, all'ambiente, al costume attuale, senza recedere o concedere un "happy end di redenzione" a qualcosa che non necessita di alcuna redenzione.

Intrecciata alla storia di Mistress May c'è anche la storia del suo "assistente" gay e la sua neonata relazione con il suo nuovo compagno, la coppia di "middle class" americana in cui lui nero e lei bianca si trovano, alla fine, in una relazione Dom/sub in cui lei è parte attiva. Ci sono tante storie dentro la "non storia" di Tiff che, in fondo, svolge un servizio di qualità medio-alta per mantenersi agli studi e la cui vera storia è avanti e dietro di lei, nel passato di "fuggitiva" e nel futuro di "persona autodeterminata".

E' episodico e casuale che il tutto sia inserito in un contesto di sex working, lo è perchè, a quanto pare, l'autore ha preso spunto da un episodio reale della sua vita. Se Tiff fosse una mistress per passione il nocciolo non cambierebbe.

Il nocciolo è, questo non è piaciuto a mio parere alle prodomme e a Rolling Stones, che il SM/BDSM non è più materia di middle class, di mister Gray (sia in versione avvocato sia in versione magnate dell'industria) ma è diventato proprietà degli "sfigati", dei marginali in attesa di meglio, del proletariato che deve coabitare per tirare avanti, di quel popolo minuto e un poco antipatico che fa i conti con la bolletta della luce. Non c'è più bisogno di essere gli inquilini dei piani alti per fare sadomaso spicciolo, si può comprare un vestito da pingunino su Amazon e poi giocare alla lotta dei pinguini con spanking finale senza essere l'avvocato di punta della City. Si può fare la mistress a pagamento anche senza sapere tutto sulla "psicologia" della sottomissione perché, semplicemente, non c'è una psicologia della sottomissione, esistono desideri sessuali e questi sono comuni a tutti, democraticamente distribuiti a tutti e accessibili a tutti, a pagamento o meno.

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Questo abbassa di brutto le tariffe che le prodomme possono richiedere ai clienti e una serie che suggerisce una via per arrotondare senza troppa fatica a potenziali milioni di concorrenti non è sicuramente gradita. Questo toglie alle prodomme quell'aura di personaggio "femme fatale" e le riporta all'umanità della ragazza seduta sul cesso a contare quanti soldi mancano per pagare la rata del college.

bonding 05Può non piacere la recitazione (a me è piaciuta) o le scene di sadomaso fin troppo soft, possono dare fastidio i baci lingua in bocca dei personaggi gay (a me non hanno fatto né caldo né freddo) o può non piacere la normalizzazione della prostituzione (così si traduce in italiano sex worker) che Tiff cavalca senza remore morali (finalmente) ma nessuno dei difetti ascritti dalle incazzate sex worker(s) alla serie è reale o realistico e Rolling Stone dovrebbe prima documentarsi in merito chiedendo lumi, possibilmente, non agli osti (per i quali il proprio vino è il migliore) ma ai clienti che hanno provato quel vino e, forse, qualcosa in più ne sanno.

Che dire di più? Che non sento l'esigenza sfrenata di una seconda serie ma se verrà la guarderò volentieri. Senza infamia, senza lode, divertente, leggero, con suggerimenti più o meno palesi per il BDSM ma, come al solito, quando il BDSM arriva al mainstream non è più BDSM, è una sua fantasiosa rappresentazione. Anche se, questa volta, il gap tra fantasia e realtà è, per fortuna, notevolmente ridotto.

 

 

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