Andiamo subito al sodo. Ultimamente capita nella community SM/BDSM italiana di assistere ai tentativi di iniezione di personaggi condannati per reati attinenti lo stalking e non solo (!!) che più o meno agganciati a questo o a quell'amico si fanno portare a traino tra persone che ignorano i loro trascorsi. Un caso emblematico che in questi giorni fa ancora discutere, e molto, riguarda perfino un pregiudicato per omicidio volontario sulla sua ex (ormai anche in senso fisico) compagna.
Di un altro tentativo avvenuto qualche settimana fa, di fatto fallito, nulla si sa e quindi i social tacciono. In questo caso lo stalker si era limitato – si fa per dire – ad atti persecutori nei confronti della sua ex compagna così come acclarato nelle competenti sedi giudiziarie venete, portando a giusta condanna.
Da qui l'impressione, per chi non conosce la scena reale, che tutto l'ambiente possa essere ricettacolo di "cattive frequentazioni" e dal privato al pubblico, dai munch ai party, dai corsi e seminari ai peer rope e rope jam si rischia sempre ed ovunque d'incontrare potenziali stalker, se non peggio.
Ma non è così, anzi, è fuori di luogo colpevolizzare, facendo di tutta l’erba un fascio, chi ospita o organizza eventi SM/BDSM, magari all’interno di associazioni regolarmente costituite e con regolare Statuto.
Esiste invece una responsabilità di ordine etico di tipo collegiale. Tutti i soggetti attori di questi eventi - ossia chi ospita come padrone di casa, chi organizza e chi partecipa (!!) a questi eventi - devono prestare la massima attenzione a non introdurre nel delicato mondo dell’SM/BDSM individui che per i loro trascorsi possono essere, anche solo potenzialmente, di danno alle persone della comunità. Non c'è bisogno di avere una laurea in psicologia e una specializzazione in criminologia per capire che qui non può valere la regola per cui scontata la pena il personaggio ritorna "vergine". Basta seguire i telegiornali che quotidianamente ci riportano casi di cronaca in cui le vittime sono donne e i carnefici sono soggetti spesso già condannati per reati di stalking che, al posto di "redimersi", alzano l'asticella della loro azione violenta anche in virtù di un sentimento torvo di vendetta.
Fuor di luogo anche minimizzare i comportamenti di stalking e violenza morale dicendo che la legge non è chiara e che se andiamo dietro a queste cose anche regalare un fiore ad una donna potrebbe esser visto come reato. Pericolose farneticazioni di chi di legge proprio non sa nulla. La violenza domestica, lo stalking, il porno revenge sono divenuti reati pesantemente sanzionabili con la legge approvata nel luglio 2019 (la c.d. Legge Codice Rosso) e possono essere pericoli dietro l’angolo. L'angolo può essere (occasionalmente) anche l’angolo di feste, eventi pubblici, munch ma il più delle volte è quello, meno illuminato e più privato degli incontri/relazioni che nascono in virtù dei social network, delle chat, degli annunci e dei contatti per amicizie incrociate. Entrare nella sfera intima di abitudini sessuali, soprattutto non convenzionali, è un atto che implica una correttezza estrema, una correttezza che diventa ancor più necessaria quando queste relazioni si sciolgono. E magari uno dei due non è molto d’accordo.
Fuor di luogo minimizzare la portata di una Legge che, semmai, poteva fare di più e non certo di meno per perseguire violenti e pericolosi soggetti. Senza entrare nel tecnico, perché si concretizzi un reato di stalking in Italia devono essere presenti ben tre condizioni. Non ne basta una o due ma tutte e tre devono contemporaneamente essere presenti. La prima è che il comportamento sia ripetuto. In secondo che questo comportamento contenga minacce o molestie. Ed infine che da tutto questo nasca un oggettivo stato di ansia, agitazione e altro che la legge ben precisa. Non è poca roba. Ci vuole un'attitudine alla violenza ben marcata per mettere in atto comportamenti persecutori così ben definiti: campane ben udibili d'allarme devono suonare, immediatamente, all’affacciarsi sulla scena di queste persone. Ci vuole un'attitudine caratteriale ben contorta e violenta per molestare una persona fino al punto di farsi condannare. Neanche discutiamo il caso in cui si giunge all'omicidio, anche un bambino capirebbe che qui la cosa è davvero tanto grave da essere praticamente insanabile.
Chi sollecita o impone o caldeggia l'iniezione di questi corpi virali agli eventi e nella community (anche intesa come insieme di individui singoli) sottacendo o minimizzando o parlando di leggi confuse è, a sua volta, corpo virale. Su questo punto, che pare molto controverso nell'attuale disputa sui social, l'organizzazione dell'Ultimo Lunedì del Mese e il club Kitan Club, sono saldamente ancorati ad un concetto chiave: dura lex sed lex, dura legge ma tale resta.
E non stiamo parlando di una Legge dello Stato: all’Ultimo Lunedi (ULM) un NO vale un NO e questa è Legge, per noi, dal 1998, non dal luglio del 2019. Se segue ancora analoga richiesta e c’è un altro tentativo d'approccio la persona viene invitata a comportarsi correttamente. Se segue un terzo tentativo il molestatore (o la coppia molestatrice) è preso per un orecchio e portato all’uscita, la tessera annullata, faccenda chiusa.
E cosi in vent'anni di festa sono finiti in molti, soprattutto i primi anni, anche se, ultimamente, sono casi rarissimi: le voci circolano e si sa che la dura legge è questa; chi non ci vuol sentire gira al largo. E qui, per inciso, un piccolo esempio pratico di quella responsabilità collegiale di cui si parlava prima: se colei che riceve queste non gradite e ripetute attenzioni, non fa subito presente la situazione a chi organizza, diventa di fatto "co-responsabile" di un atteggiamento sgradito e potenzialmente pericoloso. E la cosa è risaputa perché all'accoglienza è spiegata con dovizia di particolari ad ogni nuova/o tesserata/o da chi organizza l'evento e/o da chi coadiuva la gestione della serata.
Se questo approccio e queste regole possono apparire tranchant, illiberali, forcaiole, insensibili e via discorrendo, pazienza. Così è, così resta. Creare aree grige di "non detto" nei nostri eventi non fa parte della nostra cultura. Perché per fare SM/BDSM una cultura ci vuole, altroché se ci vuole.
Il SM/BDSM è il luogo elettivo della cultura del Consenso, quello vero, quello cercato fin nei minimi dettagli legali e, soprattutto, etici: figurarsi se possiamo passare, anche solo marginalmente, anche solo per distrazione, chi ha agito, agisce o pensa di agire o ritiene sia giusto e giustificabile agire senza il pieno e acclarato consenso preventivo dei propri partner, soprattutto se i partner sono donne e soprattutto se le donne hanno desideri di sottomissione.
Queste sono le Regole di Casa ULM, queste le regole trasferite dall'ULM al club Kitan Club. Se qualcuno non è d'accordo pazienza (per lui) ma trent'anni di lavoro per sdoganare il sadomaso non possono e non devono naufragare per l'ignoranza e la violenza di alcuni finti tonti e qualche ex detenuto.