Ogni mese un set diverso e una modella fetish diversa, questa era (e resta) la promessa. Ma settembre, questo settembre, abbiamo dilazionato un pochino l'uscita dei nuovi set, ora finalmente online. La ragione è semplice quanto "imbarazzante". La realizzazione del sito, la cui piattaforma informatica sta crescendo di pari passo con l'arrivo dei contenuti e delle osservazioni dei beta-tester, ci ha un pochino rallentato. Ma c'è un altro motivo per il ritardo, questo tutto interno all'ambiente, la cosiddetta community SM/BDSM. I set fotografici di rope bondage, in ogni sua declinazione, ormai sono più frequenti delle piogge sul Lago Maggiore. Quando di "set fotografici" si può parlare e non di qualche improvvisata ed estemporanea fioritura di scatti eseguiti con flash sparati, con composizione più che dubbia e colori più che improbabili.

I monthly set avranno spesso come argomento anche il rope bondage ma, pur nascendo il cKC e il magazine Club & Kitan Club da un'esperienza di bondage, ci siamo un pochino annoiati di guardare (e proporre) fotografie di belle ragazze legate, sospese, meditative, imbozzolate. Ad onor di vero avrei intitolato questo editoriale "Che barba, che noia" o "Venghino signori, il circo è aperto" in polemica con il sentiment generale per cui il BDSM viene ridotto alla sola "B" che poi, spesso, non è neanche bondage ma rope art, al massimo rope fetish. Niente da eccepire, per carità, la moda è moda, i trend sono trend e chi si diverte è bene lo faccia come vuole e quando vuole. Ma questo pone, a noi della redazione, un problema di non facile soluzione: mentre nella community si trovano a manate modelle disposte, anelanti e scalpitanti per un servizio fotografico di "bondage", magari eseguito con un rigger di spicco, le modelle fetish e SM scarseggiano adesso come scarseggiavano nel 1950, anzi peggio.
Poche persone della "community BDSM" hanno la tempra ed il fisico, oltre che la naturale capacità, per confrontarsi con tematiche fetish e SM in uno shooting fotografico senza ricorrere al sostegno psicologico modaiolo e pseudo-artistico di corde e sospensioni. Abbiamo sottomano un esercito di "vorrei ma non posso" anelante alla platea di un set fotografico ma timorose di "sembrare troppo sub", una sorta di marchio di caino che potrebbe rovinare la gloriosa carriera di modelle di bondage pure e caste. Quindi "sì se è circo e no se è sadomaso" anche se, poi, alle feste, nei party, nei munch, nella loro stessa narrazione di se stesse, il sadomaso e la sottomissione sessuale, sono motivi dominanti, quasi ossessivi. Un doppio binario in cui, liberate dal capestro della normalità, ci si relega ad una diversa, ma non più morbida, morale per la quale essere "fotografate mentre vengono frustate o sculacciate" fa male alla loro immagine. Uno status sociale parallelo e divisivo che fa del rope bondage una sorta di mondo a parte, purificato, distillato e disinfettato da ogni accenno alla radice stessa del bondage: il Dr. Jekyll in camice bianco, perbenista e affabile in cui alberga un Mr. Hyde, inaccessibile anche ove, a parole, si dichiara libertà sessuale e apertura mentale. Molte di più, per contro, sono le modelle provenienti da subculture diverse, da community dark e goth ad esempio, o semplicemente interessate al sadomaso ma non "arruolate" e non "arruolabili" in questo o quel gruppo di cordaroli che sono arrivate sui nostri set e ci hanno fornito, in meno di sei mesi di attività, più di due anni di monthly set. Se ce ne fosse stata la necessità questa sarebbe la prova provata che il SM/BDSM sta più fuori che dentro la community che pretende di rappresentarlo. Abbiamo materiale fotografico a carrettate ma, purtroppo, ben poco ci viene dalla nostra stessa community, dalle persone che potrebbero riconoscersi e riconoscere in quegli scatti un anelito di "scena reale".

Fatto è che la pratica del rope bondage ha perso nel tempo il suo significato più pertinente (in occidente come in oriente) e collegato a dinamiche sm/ds per assume un generico senso di "gioco con le corde", nel quale, al massimo, far entrare un pizzico di erotismo casereccio, qualcosa di postabile su Facebook ed Instagram senza rischiare la censura, qualcosa che anche mamma e papà possono guardare senza turbarsi eccessivamente; ancora una volta quando una pratica SM/BDSM arriva al mainstream, ai social network, si scopre che non è più SM/BDSM ma la sua rappresentazione simbolica, una metafora, al massimo, o una performance edulcorata, se va bene.

Lontani i tempi in cui Akechi Denki, il padre del kinbaku o bondage giapponese, diceva "ho proposto uno show che facesse vedere cose vere". Ad oggi lo show dello shibari/kinbaku, del bondage in generale, fa vedere solo una faccia "presentabile" e "rappresentabile" del mondo del rope bondage, quella più "vendibile": la parte che non ci coinvolge particolarmente. Non siamo interessati a spericolate sospensioni sotto i ponti autostradali, non più di quanto siamo interessati al bungee jumping. Non siamo interessati a fanciulle legate ed appese, non più di quanto siamo interessati ad una visita guidata nella cantina di un salumificio. E' nostro dovere avvertirvi che dove il bondage non mostra il suo lato emotivo, la sofferenza, la dominazione e la sottomissione, non ci appassiona. Faremo una fatica immensa nel trovare soggetti interessanti e, forse, ritarderemo di qualche giorno, l'aggiornamento mensile della homepage del sito ma la linea è questa e questa è la nostra cultura. Per il resto, e come al solito, buon divertimento!

[Credit foto di apertura: Model Batory, Ropes & Ph Maurice Poison]

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